Il tango argentino

Passi di tango

Il Tango Argentino

di Marian Mazzei


Il tango argentino, o meglio il tango rioplatense, 1880-1900, è un’alchimia particolare che sfocia nella creazione di una nuova forma culturale. Sintesi tra danza, musica e poesia in un ben preciso contesto sociale ed in uno spazio relativamente ristretto (Buenos Aires e Montevideo), il tango è un’invenzione complessa, prodotto di un incrocio, sorto da un mescolamento umano, etnico, culturale e sessuale.

E’ nato dall’incontro di creoli argentini o uruguaiani e immigranti, sopratutto italiani, impregnati da una cultura di ballo popolare.

E’ il prodotto di un superamento-integrazione delle danze di coppia e di danze popolari locali allora denigrate dalla borghesia argentina che continuava, un secolo dopo gli europei, ad aggrapparsi a forme di ballo pre-rivoluzionarie (minuetto, ecc). Il tango è marcato dal folklore latino-americano, dall’influenza delle danza dei carabi, da influenze europee e ugualmente da un’influenza africana. Da questo incrocio è scaturito l’universo tango, composto da una danza, da una musica e da una letteratura nuove, prodotto complesso di una creazione popolare. Il tango è nato nelle feste popolari di Buenos Aires; poi, rifiutato dalla buona società, si è affermato nei bordelli e nelle “accademie” dei bassifondi cittadini.

Il tango è un’espressione estetica della marginalità, un’espressione culturale dell’immigrazione, dei sobborghi di Montevideo e soprattutto di Buenos Aires. Il tango, inoltre, nasce in una società di immigrazione, nella quale mancano le donne. Ciò ha spinto gli uomini a ballare insieme per allenarsi, per prepararsi a danzare con le ballerine che erano rare e dunque molto ricercate.

Da un punto di vista coreografico, il tango, come danza, è dunque un “avvenimento”, per riprendere l’espressione di Carlos Vega, grande specialista di antropologia della danza sociale, autore di una quindicina di opere apparse tra il 1931 e il 1960, il primo ad avere studiato scientificamente la danza argentina. Egli scrive: ”i balli di coppia, allora dominanti, esigevano il movimento continuo, seguendo le pratiche consacrate, la coppia, ballando doveva incatenare passi ritmati o giri senza fermarsi un solo istante.

Gli inventori del tango introdussero la sospensione dello spostamento. Ad un tratto la coppia si calma e più ancora: l’uomo ha l’abitudine di fermarsi da solo”. Dunque uno degli elementi più importanti che caratterizzano il tango è questa capacità di sospendere il movimento. Ciò permette al cavaliere di evitare le collisioni con le altre coppie; permette questa “interpretazione del ritmo che va al di là del ritmo musicale propriamente detto” come aveva osservato un giornalista della “Prensa”, fin dal 1896. Già dal 1936 Carlos Vega definiva il tango come una danza nella quale l’uomo e la donna avevano ruoli nettamente differenziati, caratterizzati dalla possibilità per l’uno di fermarsi allorquando l’altro cercava un movimento e viceversa.

L’improvvisazione tipica del tango è concepita in modo che, anche se rende possibile l’esecuzione di alcune figure, presenta un momento in cui si entra nell’improvvisazione pura. Il tango è dunque improvvisazione, come molte delle cose che emergono verso il 1900 (jazz, arte contemporanea, ecc). Ma definire l’improvvisazione del tango equivale a cercare di comprendere, all’interno e all’esterno della coppia, l’esperienza esistenziale differente, anche se simultanea, del rapporto e della responsabilità che vivono il ballerino, la ballerina e coloro che li guardano.

Il tango è un gioco, un movimento, una danza costruita su un rapporto differenziato del tempo. Comprendere l’improvvisazione del tango significa operare una lettura fenomenologia della coscienza intima del corpo di questa danza. Husserl ha tentato di descrivere la maniera da cui si produce tale coscienza intima del tempo. La sua intuizione filosofica è contemporanea all’invenzione del tango; vediamo come la fenomenologia aiuta la comprensione del vissuto specifico del tempo che caratterizza il tango. Nell’analisi fenomenologica della coscienza del tempo, Husserl cerca di comprendere come si costruisce per esempio la percezione di una melodia, come le si dà un senso. La sua analisi può essere trasferita al movimento danzato.

Husserl studia come si apprende il concetto di durata, come nasce la coscienza del tempo. Mostra che a ciascun tempo appartiene un tempo anteriore ed un tempo posteriore. Ciò è quanto succede anche nella percezione del movimento della figura danzata. Ciascun passo è percepito singolarmente ma è organizzato -dal soggetto che percepisce- in successione (la figura, l’insieme della danza). In successione appaiono un presente e, facente corpo con esso, un passato; si può dire che l’unità di coscienza che abbraccia presente e passato è un datum fenomenologico. La damza vive corporalmente questa attesa. La sua percezione del tempo non è solo visuale, è cinestetica.

L’attesa, nel tango, caratterizza il ruolo femminile. La dama abile non riproduce un passo già conosciuto; è disponibile a tutte le possibilità, attende. Il suo vissuto del tango è in questo senso dell’attesa, in una disponibilità al possibile, anzi al virtuale (giacchè non si attende una cosa di cui non si abbia già una sensazione).

Ciò di cui si è sicuri è la percezione iniziale. Il movimento è cominciato, poi si svolge. Cominciare bene insieme è dunque essenziale.

Il ruolo dell’uomo è guidare, proporre una successione di movimenti, di figure. Lui deve anticipare, prevedere ciò che farà. Deve, in principio, avere una coscienza progettuale del tempo e dei movimenti. Il suo vissuto dell’anticipazione è costituito dalle rappresentazioni che si impongono alla sua coscienza. L’uomo fabbrica la sua danza a partire da molteplici elementi: “Alcuni gli sono dati nel qui e adesso (musica che egli scopre, dama che egli incontra forse per la prima volta… e che ha caratteristiche particolari, di piedi, di statura, di stile, di tecnica, di vissuto della danza…da tenere in considerazione); altri (cui egli attinge nella sua memoria) sono riproduzioni (figure, successioni di figure che ha già sperimentato), altri sono immagini (figure che ha visto eseguire da altri ballerini).

La sua attività consiste nell’elaborare una sintesi pratica tra ciò che è dell’ordine dell’ascolto, dunque dell’attesa, e ciò che è dell’ordine della riproduzione. Egli improvvisa veramente quando guida fermamente attingendo la sua energia da un “ascolto” della dama.

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